Con genocidio, secondo la definizione adottata dall'ONU, si intendono «gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Il termine "genocidio" è una parola d'autore coniata da Raphael Lemkin, giurista polacco di origine ebraica, studioso ed esperto del genocidio armeno, introdotta per la prima volta nel 1944.

“In questi mesi i giudici hanno detto che quello che sta succedendo in Palestina  è un genocidio” dice Daniele Napolitano, fotografo romano che è stato più volte in Palestina: 

Infatti,  Israele, negli ultimi anni ha ucciso 30.000 palestinesi; di cui 13.000 bambini. 

Daniele è stato in Palestina 8 volte dal 2014 al 2022, una volta l’anno.  

 

“La Palestina mi sta molto a cuore” dice, “la  prima volta mi sono recato lì per caso, perché facevo il corso di fotografia e mi hanno chiesto di andarci. L’ho trovato un posto molto accogliente e mi sono sentito a casa. Mi sono trovato in mezzo a tante persone che avevano voglia di vivere, avevano molto entusiasmo e vivacità. Il posto mi ha colpito moltissimo, perché nonostante si viva con molta difficoltà c’è ancora chi dimostra felicità e gioia.”

 

In Palestina ha visto molte cose belle ad esempio: il mare al tramonto, le moschee e il deserto e ragazzi e ragazze che facevano sport come il pugilato e lo skating. Purtroppo ha visto anche persone che soffrivano e che non vivevano bene. 

Gli è piaciuto molto andare al porto a vedere il mare e pensare, si è divertito a giocare con i ragazzi grandi.

In Palestina ha fatto anche tante foto perché è il suo lavoro e si diverte a farlo, ne avrà fatte più di mille.

“Tutte le foto a cui tengo di più sono i selfie fatti con i miei amici” racconta.

 “La cosa che mi fa arrabbiare di più di questa guerra è che noi la possiamo vedere attraverso internet ma  “abbiamo poca memoria””.

Daniele ha conosciuto molte persone lì in Palestina con cui è rimasto in buoni rapporti e ci è diventato amico. 

Alla domanda se gli Israeliani stessero sbagliando lui ci ha risposto saggiamente “si, sta sbagliando un po’ tutto il mondo, se loro hanno sofferto tanto in passato  non è giusto trasferire il dolore del passato ad altra gente”



Andrea ha  39 anni, quasi 40, nella vita è un avvocato si occupa di diritto penale e di diritto dell’immigrazione. E’ stato in Palestina nel 2010,  perché c’era una sua amica che si sposava a Telaviv, in Israele e da là ha colto anche l’occasione di visitare la Cisgiordania per farsi un’ idea della situazione. 

Andrea fa parte di un laboratorio di persone ebree con varie identità, tutte persone che si definiscono ebree ma con diversi backgronud, per esempio lui ha la mamma ebrea.

I principi che li tengono insieme sono diversi come per esempio  essere contrari all’occupazione della Palestina da parte di Israele e favorevoli al fatto che i palestinesi si auto determinano, i principi di lotta contro il razzismo e i pregiudizi verso gli altri.

“Proprio perché siamo ebrei e quindi sempre storicamente stati oggetto di pregiudizi, siamo solidali con la Palestina. la situazione in Palestina è molto triste“ dice ”Non avrei mai pensato che il livello di  violenza e di  distruzione, in particolar modo a Gaza, fosse su così larga scala, colpendo scuole, ospedali, moschee, case tutto quello che serve per vivere come se si volesse distruggere non solo le vite delle persone, ma per i sopravissuti, anche il diritto di essere felici. Va oltre il numero dei morti va a minare il diritto fondamentale. Non è semplice essere ebreo in questo momento: il 7 ottobre ho sofferto molto, sono morte tante persone che erano in casa. Io non ho rapporti con Israele ma mi ricordo che, durante la 2 guerra mondiale, alcuni miei famigliari  sono scappati dall’Italia per salvarsi dalle persecuzioni.

La situazione in Palestina è molto difficile però quello che è successo il 7 ottobre dell’anno scorso si inserisce in un contesto più ampio, in conseguenza di quello che è successo prima: moltissimi anni di persecuzioni, di morti e di torture e poi quello che è  successo dopo, ho cercato di mettere tutti questi dolori insieme. 

Israele si legittima di essere lo stato per tutti gli ebrei, io non voglio che nel mio nome si faccia un’occupazione in questo progetto in cui i palestinesi non sono considerati esseri umani, in questo odio ci siamo dimenticati che ci sono dei sentimenti”.



08/01/2025

II F

  1. A.
  2. L.. 
  3. C.




Cenni storici sulla guerra tra Israele e Palestina

 

Alla fine del 1800 nasce il sionismo, il movimento nazionale ebraico per il ritorno degli ebrei nella terra d’Israele. 

Il 2 novembre 1917 il Regno Unito esprime simpatia verso il sionismo ebraico. 

L’11 dicembre 1917 le truppe inglesi entrarono a Gerusalemme e sconfissero l’impero Ottomano (che aveva governato su Gerusalemme per quattro secoli).

I britannici assumono il controllo della Palestina fino al 1948.

Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite approvano la creazione di due stati indipendenti: uno stato ebraico e uno arabo. 

Gerusalemme rimane corpus separatum, per la sua importanza religiosa e culturale.  

alla fine del 1947 scoppia la guerra tra le forze ebraiche, da una parte, e i palestinesi, dall’altra, sostenuti dagli stati arabi.  

Nel 1948 i palestinesi rifiutano la risoluzione dell'Onu scoppia la guerra. 

Il 14 maggio 1948 si costituisce lo Stato d'Israele  attraverso la Dichiarazione d’indipendenza. 

Gli Israeliani giungono a controllare i territori a ovest della cosiddetta linea verde, la linea dell’armistizio poi concordano con le nazioni Unite nel 1949.

 Il 15 maggio 1948 per i palestinesi é il giorno della “nakba”, la catastrofe, oltre 700.000 palestinesi fuggono in Libano, Cisgiordania, Siria.

Tra il  5 e il 10 giugno del 1967 scoppia la guerra dei sei giorni: gli israeliani conquistarono la Cisgiordania,  la Striscia di Gaza e Gerusalemme est.

Israele prende il controllo.